L’Himalaya, con le sue maestose vette e i paesaggi mozzafiato, ha sempre attratto alpinisti e avventurieri. Tuttavia, le difficoltà legate ai trasporti delle attrezzature necessarie per le scalate hanno rappresentato una sfida significativa. Tradizionalmente, i portatori, noti come sherpa, hanno ricoperto un ruolo cruciale nel garantire il successo delle spedizioni. Questi esperti conoscitori delle montagne si occupano del trasporto di tende, cibo e attrezzature, affrontando condizioni estreme per diversi giorni. Negli ultimi anni, però, la tecnologia ha iniziato a intervenire in questo settore, introducendo l’uso dei droni per il trasporto di materiali nelle zone più difficili e pericolose dell’Himalaya.
L’uso innovativo dei droni
I primi esperimenti con i droni sull’Everest sono iniziati nell’aprile 2024, quando un drone è stato utilizzato per trasportare tre bombole d’ossigeno e 1,5 kg di scorte dal campo base, situato a 5.364 metri, al campo 2, a circa 6.400 metri di altitudine. Questo test ha dimostrato non solo l’efficienza del drone, capace di portare su e giù 234 chilogrammi di rifiuti in un’ora, ma ha anche evidenziato il potenziale risparmio di tempo ed energie che questo nuovo strumento offre. Per mettere in prospettiva l’impatto di questa tecnologia, è stato calcolato che lo stesso lavoro avrebbe richiesto almeno 14 portatori impegnati per sei ore.
Con l’avvicinarsi della stagione di alpinismo, i droni hanno trovato applicazione anche nella pulizia dell’Ama Dablam, una vetta famosa per la sua bellezza. Si prevede che saranno impiegati anche nelle spedizioni sull’Everest nei prossimi mesi. Le agenzie di alpinismo stanno aspettando gli ultimi permessi per poter utilizzare ufficialmente i droni, un passo significativo verso l’integrazione della tecnologia nelle operazioni di scalata.
Vantaggi e sfide dell’adozione dei droni
Attualmente, i droni utilizzati sono due, prodotti dall’azienda cinese DJI e donati alla startup nepalese Airlift Technology. Questi droni sono in grado di trasportare fino a 16 chili a viaggio, una quantità che corrisponde a quanto normalmente trasportato dagli sherpa durante le loro faticose ascese. L’utilizzo dei droni non solo velocizza il trasporto di attrezzature e materiali, ma offre anche la possibilità di inviare cibo riscaldato dal campo base a quote elevate in pochi minuti, migliorando significativamente le condizioni di vita degli alpinisti e dei portatori.
Tuttavia, l’introduzione dei droni nel trasporto sull’Himalaya solleva interrogativi riguardanti la sicurezza dei portatori. Ogni anno, i portatori affrontano il rischio di incidenti mortali, specialmente in tratti ad alta pericolosità come la seraccata del Khumbu, una delle sezioni più insidiose dell’ascesa all’Everest. Le statistiche parlano chiaro: circa un terzo delle oltre 335 vittime registrate sull’Everest negli ultimi cento anni sono stati portatori. Solo nel 2023, 18 sherpa hanno perso la vita durante le spedizioni.
Il futuro dei droni e delle comunità locali
La questione della sicurezza è stata sollevata anche da funzionari locali, che vedono nei droni una potenziale soluzione per minimizzare i rischi legati all’attraversamento della seraccata del Khumbu. I portatori, esperti e ben addestrati, normalmente posizionano scale telescopiche sopra i crepacci e si assicurano con corde ancorate al ghiaccio. Tuttavia, il cambiamento climatico ha reso queste operazioni ancora più rischiose, poiché le temperature in aumento portano a un rapido scioglimento del ghiaccio.
Nonostante i benefici, l’adozione dei droni ha suscitato preoccupazioni tra i portatori e le comunità locali. Alcuni temono che l’utilizzo crescente della tecnologia possa ridurre le opportunità di lavoro per le persone del posto, in un contesto già complicato da un mercato del lavoro in evoluzione. Sempre più sherpa stanno cercando opportunità all’estero, anche a causa dei pericoli associati al loro lavoro. D’altro canto, l’uso dei droni potrebbe anche rappresentare una via per preservare vite umane e migliorare le condizioni di lavoro.
Un altro aspetto cruciale da considerare è il costo elevato dei droni. Attualmente, un drone DJI può costare fino a 65.000 euro, una cifra proibitiva per un paese come il Nepal, dove lo stipendio medio annuale è di poco superiore ai 1.000 euro. Per cercare di ridurre i costi, alcune startup, tra cui Airlift Technology, stanno valutando la possibilità di assemblare droni localmente, sperando così di rendere questa tecnologia più accessibile e sostenibile.
La sfida è quindi duplice: da un lato, l’integrazione dei droni potrebbe rappresentare una rivoluzione nel trasporto di materiali sull’Himalaya, migliorando la sicurezza e l’efficienza delle spedizioni; dall’altro, è fondamentale garantire che questa innovazione non comprometta le opportunità di lavoro per le comunità locali e che venga gestita in modo sostenibile. L’equilibrio tra progresso tecnologico e tradizione locale sarà cruciale per il futuro dell’alpinismo in Himalaya, dove uomini e macchine potrebbero trovare un modo per coesistere in un ambiente così unico e sfidante.