I dazi di Trump sull’agroalimentare colpiscono Italia e Unione Europea: ecco cosa bisogna aspettarsi
Le nuove tariffe doganali imposte dagli Stati Uniti per i prodotti dell’Unione Europea stanno per entrare in vigore e potrebbero avere conseguenze devastanti per il settore agroalimentare italiano. A partire dal 9 aprile 2025, i dazi del 20% sui prodotti agroalimentari Made in Italy rappresenteranno un ulteriore ostacolo per le esportazioni italiane, con impatti diretti sui prezzi e sull’occupazione.
Impatti sui prezzi e sull’occupazione
L’industria agroalimentare italiana, già sotto pressione a causa di crisi economiche e pandemiche, si trova ora a fronteggiare una sfida senza precedenti. Secondo le stime, l’introduzione di questi dazi porterà a un rincaro di circa 1,6 miliardi di euro per i consumatori americani, un aumento che inevitabilmente si rifletterà su un calo delle vendite dei prodotti italiani negli Stati Uniti. Questo non solo danneggerà le aziende italiane, ma contribuirà anche all’espansione del fenomeno dell’italian sounding, con la proliferazione di prodotti contraffatti che sfruttano la reputazione del Made in Italy senza rispettarne gli standard di qualità.
Le reazioni delle associazioni
L’associazione Coldiretti ha già avvertito che il calo delle vendite non sarà l’unica conseguenza di questa decisione. La sovrapproduzione di beni agroalimentari, unita alla mancanza di sbocchi commerciali alternativi, porterà a un deprezzamento dei prodotti che colpirà l’intera filiera. “È fondamentale che si lavori a una soluzione diplomatica all’interno delle istituzioni europee“, hanno affermato i rappresentanti di Coldiretti. Anche Federvini, l’associazione dei produttori di vini e distillati, ha espresso grande preoccupazione per le nuove misure. “Il solo comparto di vini, spiriti e aceti italiani vale oltre 2 miliardi di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti e coinvolge circa 40.000 aziende, oltre a 450.000 lavoratori lungo la filiera“, ha dichiarato Federvini.
Un futuro incerto per il Made in Italy
Il passato insegna che misure simili hanno causato gravi perdite, con un crollo delle esportazioni fino al 50% verso gli Stati Uniti. “Siamo a rischio di rivivere un trauma economico“, ha avvertito Micaela Pallini, presidente di Federvini. La scomparsa di molte etichette italiane dai tavoli americani non sarà facilmente sostituibile, creando un vuoto che potrebbe aggravare la crisi produttiva in Europa.
Tuttavia, non tutti i prodotti italiani subiranno le stesse conseguenze. Per il Parmigiano Reggiano, ad esempio, il presidente del consorzio, Nicola Bertinelli, ha dichiarato che, nonostante la situazione non sia positiva, il prodotto ha un posizionamento premium che potrebbe mitigare la perdita di consumi. “Lavoreremo per spiegare perché i dazi non abbiano senso per un prodotto che non compete realmente con i formaggi americani“, ha affermato. Il Parmigiano Reggiano, infatti, copre solo il 7% del mercato dei formaggi duri negli Stati Uniti e viene venduto a un prezzo significativamente più alto rispetto ai formaggi locali.
Questa complessa situazione mette in evidenza non solo il valore economico del Made in Italy, ma anche la necessità di una risposta unita da parte delle istituzioni italiane ed europee per fronteggiare l’onda di protezionismo che sta emergendo a livello globale. L’industria italiana è chiamata a reagire con strategia e determinazione per salvaguardare non solo i propri interessi economici, ma anche la qualità e la tradizione che rendono unici i prodotti italiani nel panorama internazionale.