No, la Kings League non è un "orrore": è il calcio che finalmente diverte di nuovo
C’è una “balorda nostalgia” che aleggia ogni volta che qualcosa di nuovo osa disturbare il placido sonno del calcio tradizionale. E allora ecco il coro degli indignati: “Dove sono finiti i veri valori?”, “Questo non è calcio!”, “Una volta era tutta erba vera”. Ultima vittima dell’ira purista? La Kings League, l’iniziativa di Gerard Piqué che sta conquistando milioni di spettatori, ma che per qualcuno è un “orrore artificiale senza passione”. Sul serio?
La Kings League è un torneo di calcio a sette che mescola sport, spettacolo e un tocco di follia organizzata. Le regole? Stravaganti, certo. I rigori si battono in stile hockey su ghiaccio, le sostituzioni sono libere, e ogni partita è imprevedibile grazie a bonus e carte speciali che possono ribaltare il risultato in un attimo. Un incubo per i tradizionalisti, ma un sogno per chi ha voglia di divertirsi.
Certo, se l’idea di calcio è un catenaccio esasperante e un 0-0 da sbadigli, allora probabilmente la Kings League non è ciò che si sta cercando. Ma se si pensa che lo sport debba anche divertire, magari potrà sorprendere scoprire che questo format è pensato proprio per chi ama lo spettacolo senza troppi formalismi. E, soprattutto, per chi il calcio lo vive in un modo nuovo, tra Twitch, YouTube e highlights da 15 secondi su TikTok.
Ed è proprio questo il punto: il calcio, per chi l’ha dimenticato, è prima di tutto un gioco. Perché scandalizzarsi se qualcuno prova a reinventarlo? Non stiamo parlando di sostituire la Champions League con la Kings League (anche se visto lo stato di certe partite di Champions, forse un paio di carte speciali non guasterebbero), ma di un format pensato per un pubblico nuovo, abituato a ritmi serrati, clip virali e contenuti ad alto tasso di intrattenimento.
E i numeri parlano chiaro: milioni di spettatori su Twitch e YouTube, stadi pieni, un engagement che fa impallidire tanti tornei professionistici. Ma soprattutto, un pubblico giovane che si avvicina (o si riavvicina) al calcio grazie a un format che parla il loro linguaggio. Già, perché mentre in tanti si lamentano del “declino dello sport”, il pubblico più giovane si sposta su altri intrattenimenti, lasciando stadi e palinsesti sempre più grigi. La Kings League, nel suo piccolo, sta facendo qualcosa di rivoluzionario: sta rendendo di nuovo il calcio divertente per una nuova generazione.
È uno spettacolo costruito? Certo. Ma qual è il problema? Il calcio moderno non è forse già un enorme show, tra telecamere a 360 gradi, sponsor ovunque e format televisivi che ormai sembrano reality show? Almeno qui non si fa finta di essere qualcosa che non si è: la Kings League è intrattenimento puro, senza ipocrisie.
Si può non apprezzare il format, certo. Ma gridare allo scandalo perché qualcuno ha deciso di sperimentare? Dai, su. Se il calcio tradizionale non vuole diventare una reliquia da museo, forse dovrebbe prendere appunti invece di indignarsi.
Quindi no, la Kings League non è un “orrore”. È una boccata d’aria fresca in un panorama che spesso si prende troppo sul serio. E se proprio non piace, tranquilli: c’è sempre uno scialbo 0-0 tra Empoli e Venezia (senza offesa per nessuno, sia chiaro) che vi aspetta.
O un bel documentario sulla tattica del fuorigioco, per i nostalgici più incalliti.
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