Carceri, padre detenuto morto suicida: “Basta disumanità, quali prospettive per futuro dei reclusi?”
“Saranno anche figli di un dio minore, ma le istituzioni dovrebbero aiutare questi giovani”
CRONACA (Milano). “So che alcuni” agenti penitenziari “usano la mano pesante” con i detenuti. “Ma se queste persone vengono trattate così, io mi domando: quando saranno fuori e avranno assaporato la libertà, quale prospettive avranno nella vita? Sono tutti giovani, come lo era il mio Luca”. Lo dice Michele Campanale, padre di Luca, morto suicida nel carcere di San Vittore a Milano all’età di 28 anni nel 2009, per la cui morte è stata riconosciuta per la prima volta la responsabilità dello Stato italiano davanti alla Cedu, la Corte europea per i diritti dell’uomo. “Non bisogna chiudere gli occhi quando si vedono quei casi. Saranno pure figli di un dio minore, ma anche loro sono figli, fratelli, cugini di qualcuno. Non possono essere trattati in quella maniera, in modo disumano. È la disumanità che rende ancora più cattivi – conclude -. Quando compiono scelte sbagliate ci dovrebbero essere delle istituzioni atte ad aiutarli”. (Alessandro Boldrini/alanews)
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