MAFIE E PANDEMIA. CHI GUADAGNA DA QUESTA CRISI
LA MORTE DI FALCONE. SOLO I MAFIOSI TRA I SUOI NEMICI?
CRONACA (Roma). Ad Emoticon, opinioni a confronto di Andrea Pamparana, Lirio Abbate, giornalista e scrittore che ci parla di infiltrazioni delle mafie nelle attività imprenditoriali e commerciali al Nord nell’ultimo anno dominato dalla pandemia. L’inquinamento di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra della politica. La dislocazione-emigrazione dei boss in Germania e a Londra. Il ricordo di Giovanni Falcone e del 23 maggio 1992. E le zone grigie che fanno da cerniera fra apparati deviati delle istituzioni e la mafia. Fino a ‘Faccia da mostro’, il protagonista del libro di Lirio Abbate (Rizzoli), associato dagli investigatori a delitti eccellenti compiuti in Sicilia negli anni Ottanta, che sono rimasti ancora poco chiariti dalla giustizia. Complicità e tradimenti di cui ancora oggi le mafie e i corrotti si servono per diventare ancora più forti e potenti.
Chi e’ LIRIO ABBATE
Inizia nel 1990 collaborando con il Giornale di Sicilia da Termini Imerese[1] scrivendo di cronaca nera e giudiziaria. È giornalista professionista dal settembre 1998[2]. Nel 1997 è chiamato alla redazione palermitana dell’ANSA, giungendo fino alla qualifica di capo servizio aggiunto, dove si occupa principalmente di cronaca giudiziaria. Dal 1998 è corrispondente de La Stampa dalla Sicilia fino al 2008[3]. Dalla cronaca giudiziaria passa al giornalismo investigativo[4] con L’Espresso.
L’11 aprile 2006 è l’unico giornalista presente sul luogo, al seguito degli investigatori, durante l’arresto del capomafia latitante Bernardo Provenzano. Per l’attività svolta a Palermo riceve minacce di morte[5][6] a cominciare da settembre 2007 quando i poliziotti che si occupano della sua protezione sventano un attentato preparato davanti alla sua abitazione palermitana. Nell’ottobre dello stesso anno il boss stragista Leoluca Bagarella, durante l’udienza di un processo lancia ad Abbate un proclama intimidatorio[7] per notizie che il giornalista ha scritto sull’ANSA e per questo l’agenzia lo trasferisce a Roma. Per questi fatti ha la solidarietà anche dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che lo riceve al Quirinale[8][9].
Nel 2009 lascia La Stampa e l’Ansa[10] e diviene inviato de L’Espresso.
Con un’inchiesta giornalistica su L’Espresso nel 2012 svela, due anni prima dell’azione giudiziaria, la presenza a Roma di intrecci che sarebbero stati oggetto dell’indagine giudiziaria detta “Mafia Capitale”[11] con “i quattro Re di Roma”[12], denunciando per primo il potere del clan di Massimo Carminati[13] che per questo motivo inizia a minacciarlo[14] come emerge dalle intercettazioni effettuate dai carabinieri del Ros.[15] Pubblica inoltre diverse inchieste esclusive su corruzione, malaffare e mafie. (Francesco Marzullo/alanews)
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