Nuovi ritrovamenti a Shahr-i Sokhta, la Pompei d’Oriente
Le immagini della scoperta durante la missione italo-iraniana nel sito Unesco
(Milano). Shahr-i Sokhta è chiamata anche la “Pompei d’Oriente” perché come nella città romana, anche qui tutto è rimasto immobile, “immortalato” in un’istantanea del tempo. La missione congiunta ha portato nuove scoperte, raccolte nel volume Scavi e ricerche a Shahr-i Sokhta, che sarà presentato domani all’Università del Salento. Nata intorno alla seconda metà del quarto millennio nell’area del Sistan, non lontano dai confini con Pakistan e Afghanistan, collassata intorno al 2.300 per cause ancora sconosciute e nella lista Unesco per il suo “valore universale”, Shahr-i Sokhta era un fiorente centro di commercio e agricoltura, culla di un melting pot tra le quattro grandi civiltà fluviali: Oxus, Indo, Tigri-Eufrate e Halil. La prima delle nuove scoperte riguarda la datazione del centro, che gli esami sul carbone anticipano di 300 anni. La seconda, centinaia di quelle che gli esperti chiamano “prototavolette”. (Federico Capella/alanews)
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