Statua del satiro che si guarda la coda | Photo by Jamie Heath and Sailko licensed under CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/deed.en) and CC BY 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/deed.en)
La statua di Satiro, restaurata al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, sarà esposta dal 1 aprile al 31 maggio presso il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure. L’opera è una delle migliori repliche di età romana, con un restauro innovativo.
La statua del Satiro, celebre per il suo gesto iconico di guardarsi la coda, ha recentemente subito un restauro completo presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Questo intervento non solo ha preservato il valore artistico dell’opera, ma ha anche rivelato dettagli inediti sulla sua storia e le tecniche artigianali utilizzate nel corso dei secoli. La statua, di fondamentale importanza per la cultura romana, sarà esposta al Museo dell’Opificio delle Pietre Dure dal 1 aprile al 31 maggio, prima di tornare nella sua collocazione permanente.
Originariamente collocato nel “Salone delle sculture” del Museo, il Satiro era precedentemente esposto sotto l’Arcata X del giardino del Museo Archeologico. La sua presenza è stata fortemente voluta da Giovanni Milani, che nel 1912 lo scelse per arricchire la collezione del museo nascente. Da quel momento, il Satiro è diventato un simbolo della rinascita e del valore artistico della scultura antica. Tuttavia, la sua assenza prolungata dai luoghi di esposizione ha suscitato attesa e curiosità tra gli appassionati d’arte e i turisti.
L’opera, una delle repliche più significative dell’età imperiale romana, si basa su un originale ellenistico probabilmente in bronzo. La sua rappresentazione è caratterizzata da un movimento fluido e dinamico, che ha affascinato collezionisti e studiosi per secoli. Il restauro ha rivelato che la statua era stata oggetto di un’importante ristrutturazione nel tardo Cinquecento, una pratica comune tra i collezionisti dell’epoca. In particolare, le uniche parti autentiche del Satiro sono la testa e il tronco.
Il resto dell’opera è frutto di interventi successivi, rendendo così la storia della statuetta ancora più complessa.
Le indagini petrografiche condotte durante il restauro hanno permesso di identificare chiaramente le integrazioni moderne, dimostrando che le due porzioni antiche provengono da statue diverse. Questo ha messo in luce l’importanza di una metodologia di restauro che tenga conto della verità storica e della provenienza delle opere. Le ricerche archivistiche hanno ulteriormente arricchito il racconto del Satiro, rivelando che esso faceva parte della collezione di Niccolò Gaddi, un importante esponente delle istituzioni fiorentine del Seicento.
L’Opificio delle Pietre Dure ha applicato tecniche moderne all’avanguardia per il restauro, tra cui:
Il restauro ha messo in luce non solo l’abilità tecnica degli artigiani coinvolti, ma anche il profondo legame tra arte e scienza che caratterizza i progetti di recupero del patrimonio culturale. Emanuela Daffra, soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure, ha sottolineato l’importanza di questo intervento, che ha permesso di osservare dettagli inediti della scultura. Grazie alla possibilità di osservare il Satiro da diverse angolazioni, i visitatori potranno apprezzare la raffinata idea compositiva che caratterizza l’opera, evidenziando il movimento rotatorio che contrappone le diverse posizioni del corpo, creando un effetto dinamico e coinvolgente.
I punti salienti del restauro includono:
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