I dazi statunitensi mettono a rischio vari settori in Italia, dal vino ai formaggi: ecco i dati emersi dall’analisi di Confindustria
L’introduzione di nuovi dazi statunitensi potrebbe avere un impatto devastante sull’economia italiana, con il settore agroalimentare tra i più colpiti. Secondo un rapporto del Centro Studi di Confindustria, le previsioni per il PIL italiano nel 2025 e 2026 potrebbero subire un ulteriore rallentamento a causa delle tensioni commerciali, con un rischio concreto di perdita per migliaia di aziende.
Le analisi di Confindustria
Il Centro Studi di Confindustria ha recentemente pubblicato un’analisi economica che mette in luce i potenziali effetti negativi dei dazi statunitensi sull’economia italiana. Le previsioni per il PIL nel 2025 sono state riviste al ribasso, scendendo dallo 0,9% allo 0,6%, con uno scenario peggiore che prevede una crescita limitata al +0,2%. Questo clima di incertezza, accentuato dalla guerra commerciale, sta generando preoccupazioni significative tra gli imprenditori italiani. L’analisi evidenzia come l’eventualità di un’escalation protezionistica possa ridurre ulteriormente le prospettive di crescita, con un impatto diretto sugli investimenti, che potrebbero contrarsi dello 0,8% nel 2026.
Settori a rischio e vulnerabilità delle imprese
I dazi imposti dall’amministrazione Biden, in particolare, interessano settori chiave dell’economia italiana, in particolare quelli a forte vocazione export come agroalimentare, moda e automotive. L’Italia, insieme alla Germania, è tra i paesi europei più esposti a queste misure. Nel 2024, l’export italiano verso gli Stati Uniti ha superato i 64 miliardi di euro, ma la crescita potrebbe subire una battuta d’arresto.
Secondo l’Istat, circa 3.300 aziende italiane si trovano in una situazione di vulnerabilità rispetto ai dazi statunitensi. Queste aziende operano in vari settori, dai prodotti farmaceutici ai beni di consumo come vino, olio d’oliva e mobili. I dati del Centro Studi di Confindustria indicano che le esportazioni di bevande, autoveicoli e farmaceutici sono tra i più colpiti. In particolare, il settore agroalimentare, già provato dalla pandemia, rischia di subire perdite significative: si stima che l’imposizione di dazi al 20% potrebbe portare a una contrazione delle esportazioni tra il 13,5% e il 16,4%.
Uno dei prodotti più vulnerabili è il vino, che rappresenta un’importante fetta dell’export italiano. Secondo le stime, il costo per le filiere alimentari sarebbe di quasi 500 milioni di euro solo per il vino, seguiti da 240 milioni per l’olio d’oliva e 170 milioni per la pasta. Il Pecorino Romano, ad esempio, è particolarmente a rischio, poiché il 57% della sua produzione è destinato al mercato statunitense. Questo prodotto, utilizzato soprattutto nel settore degli snack, potrebbe subire gravi danni se il mercato si volgesse verso alternative più economiche.
Impatto economico e territori coinvolti
Le regioni italiane più colpite dai dazi potrebbero variare notevolmente. Liguria, Campania, Molise e Basilicata, dove gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco, potrebbero affrontare sfide particolari. Tuttavia, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana emergono come le regioni con il maggior volume di vendite verso gli Stati Uniti. In Toscana, ad esempio, il 28% dell’export agroalimentare è diretto verso il mercato americano, con l’olio e il vino tra i prodotti più esportati.
L’Unione Italiana Vini ha avvertito che i “sanguinosi dazi americani” potrebbero portare a un taglio dei ricavi di oltre 323 milioni di euro all’anno, danneggiando gravemente un settore già in difficoltà. La Coldiretti ha stimato che il rischio per le esportazioni complessive del settore agroalimentare si aggira intorno a 1,6 miliardi di euro, un colpo durissimo per un comparto cruciale per l’economia italiana.
La risposta delle istituzioni e delle associazioni di categoria
In questo contesto difficile, le associazioni di categoria come Confindustria stanno chiedendo un cambio di rotta nelle politiche europee e nazionali. Vincenzo Briziarelli, presidente di Confindustria Umbria, ha sottolineato l’importanza di rivedere le politiche del green deal, che potrebbero penalizzare ulteriormente l’industria europea. La necessità di un dialogo strategico con gli Stati Uniti è diventata urgente, per costruire un accordo economico che possa salvaguardare gli interessi di entrambe le parti.
Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, ha evidenziato che servono misure straordinarie per affrontare le difficoltà attuali. Egli ha richiamato l’attenzione sull’importanza di investimenti produttivi, che possono rappresentare una risposta efficace alle sfide imposte dai dazi. Lucia Aleotti, vicepresidente di Confindustria, ha ribadito che è fondamentale rendere l’Italia un paese attrattivo per gli investimenti, evitando così la fuga di capitali verso mercati più favorevoli.
In sintesi, l’Italia si trova di fronte a una sfida significativa a causa dei dazi statunitensi, con settori strategici a rischio di forte contrazione. Le istituzioni e le associazioni imprenditoriali stanno cercando di mobilitarsi per proteggere l’economia nazionale, mentre cresce l’urgenza di un dialogo efficace con gli Stati Uniti per evitare ulteriori danni.