La presidente Micaela Pallini: “Senza strategia condivisa si perdono i mercati storici”
L’industria vinicola italiana si trova in un momento cruciale, con sfide significative che potrebbero compromettere il suo futuro. Durante il Vinitaly, Federvini ha lanciato un allarme preoccupante: la combinazione di dazi elevati e cambiamenti nei gusti dei consumatori potrebbe mettere a rischio ben 2 miliardi di euro, in particolare nel mercato statunitense, fondamentale per il nostro export. Micaela Pallini, presidente di Federvini, ha sottolineato l’urgenza di una strategia condivisa per affrontare queste sfide.
La minaccia dei dazi sui vini italiani
Pallini ha evidenziato che la difesa del vino italiano non è solo una questione economica, ma un imperativo per preservare l’immagine del nostro Paese nel mondo. I dazi del 20% imposti sui vini italiani rappresentano una minaccia concreta per i produttori, che rischiano di essere esclusi dai principali scaffali americani a favore di concorrenti di altri Paesi. “Serve una regia e una visione di ampio respiro”, ha affermato Pallini, sottolineando come il tempo delle reazioni isolate sia ormai superato.
L’impatto sui prezzi e le vendite
Secondo una ricerca di Nomisma Wine Monitor, l’impatto dei dazi si tradurrebbe in un aumento significativo dei prezzi medi per l’importazione dei vini Dop. Per esempio, il Prosecco potrebbe subire un incremento di 0,90 euro al litro, mentre i vini rossi piemontesi e toscani vedrebbero aumenti rispettivamente di 2,60 e 2,40 euro al litro. Considerando che il prezzo del vino aumenta mediamente di quattro volte dal momento dell’importazione fino a giungere sugli scaffali, è evidente il rischio di una disintermediazione che potrebbe portare a una riduzione della presenza italiana nei canali distributivi americani.
Cambiamenti nei gusti dei consumatori
In aggiunta, i cambiamenti nei gusti dei consumatori, in particolare tra i più giovani, rappresentano un altro fronte di sfida. La ricerca ha rivelato che il 34% dei consumatori americani di età compresa tra 23 e 35 anni è incline a scegliere vini dealcolati rispetto ai tradizionali. Anche in altri mercati, come il Regno Unito (25%), la Germania (26%) e la Francia (20%), si osserva una crescente preferenza per opzioni a basso contenuto alcolico.
Non solo il gusto, ma anche la sostenibilità sta diventando un fattore determinante nelle scelte d’acquisto. Il 41% dei consumatori britannici della stessa fascia d’età considera le caratteristiche green fondamentali, mentre percentuali significative si registrano anche negli Stati Uniti (35%), Germania (32%), Francia (38%) e Spagna (34%). D’altro canto, in Spagna e Francia, il prezzo è un fattore cruciale, rispettivamente per il 50% e il 40% degli intervistati. Negli Stati Uniti e in Germania, il marchio è invece il criterio principale per il 37% e il 35% dei consumatori.
Queste dinamiche suggeriscono che, per affrontare le sfide attuali, è essenziale un approccio strategico e collettivo che unisca produttori, distributori e istituzioni. Solo così l’industria vinicola italiana potrà rispondere adeguatamente a un mercato in rapida evoluzione e mantenere la sua competitività a livello globale.