Trasformazione digitale e innovazione. Due concetti chiave per la crescita del sistema paese Italia e per lo sviluppo in tempi brevi e certi di riforme in grado di generare maggiori benefici per i cittadini e per le imprese. Non è un caso che, negli ultimi anni, l’Italia abbia incrementato notevolmente il proprio tasso di crescita nel campo dell’innovazione, registrando un aumento di ben 26 punti percentuali rispetto al livello del nostro Paese nel 2014. Un upgrade certificato dalla Commissione Europea tramite il documento “European Innovation Scoreboard 2021“, che analizza le performance in termini di ricerca e innovazione dei Paesi membri sulla base di una serie di indicatori chiave, tra cui digitalizzazione, sostenibilità ambientale, capitale umano e investimenti.
Addirittura, tra i paesi dell’Unione Europea, l’Italia è quella che sta segnando i più alti tassi di performance per quanto riguarda la dimensione “Finanza e supporto“, “Investimenti aziendali“, “Prodotti e processi” e “Sostenibilità e ambiente“. Sono ancora notevoli, invece, le carenze del nostro Paese nell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione, nella digitalizzazione, nell’attrattività del sistema ricerca, nelle collaborazioni pubblico-private e nei livelli più alti di istruzione. Per riuscire a colmare questo gap, il ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale (MITD) ha messo in campo la strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese “Italia 25“, individuando tre sfide principali: la digitalizzazione della società, l’innovazione del Paese e lo sviluppo sostenibile ed etico della società nel suo complesso.
L’attuazione di questa strategia si basa anche sull’utilizzo di diversi canali di finanziamento, tra cui fondi afferenti a programmi nazionali ed europei, come, per esempio, i Fondi Pon, Pon gov e Fondi di Coesione. A questi, poi, si affiancano gli oltre 190 miliardi di euro messi a disposizione del nostro Paese con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Nello specifico, la Mission 1 del Piano, prevede una dotazione di ben 40,32 miliardi di euro per sostenere la transizione digitale del Paese attraverso la modernizzazione della Pubblica Amministrazione e del sistema produttivo, la modernizzazione delle infrastrutture di comunicazione e gli investimenti sui settori strategici più colpiti dalla crisi.
Come è logico che sia, si tratta di un percorso di notevole complessità per la cui realizzazione saranno fondamentali, da una parte la capacità di individuare e sviluppare un portfolio di progetti di innovazione che garantisca il massimo valore possibile per i cittadini, e dall’altra la capacità di realizzare tali progetti in tempi brevi e certi. Obiettivi raggiungibili solo introducendo una vera e propria organizzazione per la gestione di tali progetti che prenda a riferimento come best practices gli standard internazionali (es. UNI ISO 21502) relativi ai sistemi di gestione dell’innovazione e alle pratiche del Project Management
Di fatto, è impossibile ipotizzare che la trasformazione digitale non abbia alcun impatto sulle modalità di gestione di tali progetti, così come, allo stesso tempo, è difficile immaginare che il Project Management non rappresenti un fattore abilitante per il conseguimento della nuova dimensione digitale del Paese. Il Project Management, quindi, va considerato come un nuovo metodo per gestire il cambiamento all’interno di un’azienda o di un’organizzazione pubblica e ottenere un risultato finale che sia, possibilmente, più adeguato alle indicazioni del committente, tenendo conto dei vincoli di qualità, costo e tempi richiesti dal committente stesso.
Al centro di tutto ciò, si erge come assoluta protagonista la figura del Project Manager che, come lo ha definito il Professor Roberto Bellini, ricercatore e docente, tra gli altri, del Politecnico di Milano, “è una sorta di ‘pivot’ all’interno delle organizzazioni, sia private che pubbliche, lanciate sulla strada dell’innovazione“.
Attualmente, quella del Project Manager è riconosciuta come una vera e propria professione, tanto che la sua presenza nelle organizzazioni private è in costante aumento. Ma anche nel settore pubblico questo ruolo è di notevole interesse visto l’elevato numero di iniziative che dovranno essere realizzate proprio grazie ai fondi messi a disposizione del nostro Paese dall’UE con il Pnrr. È il Project Manager o RUP (Responsabile Unico Procedimento), come viene riconosciuto nei contratti pubblici, a figurare come il responsabile che deve garantire l’equilibrio e l’integrazione tra i sette vincoli di un progetto: ambito, tempi, costi, qualità, rischi, risorse e soddisfazione del cliente.
Appare evidente, dunque, come sia assolutamente necessario iniziare a formare e qualificare le figure dei Project Manager dell’innovazione: ovvero professionisti consapevoli della complessità dello scenario attuale e allo stesso tempo propensi a mettere in pratica il cambiamento. La formazione di una figura professionale così determinante per il futuro dell’Italia richiede l’uso di molteplici metodologie, strumenti e pratiche che sono tipiche del Project Management, oltre all’integrazione di competenze trasversali come, per esempio, la capacità di lavorare in team, la leadership, il problem-solving, la motivazione, essere dotati di un’intelligenza emotiva, la capacità di facilitazione, il coaching e il mentoring.
Poiché, come sappiamo, il Pnrr prevede il completamento di rigide scadenze alla fine di ogni trimestre fino al 2026, si tratta di un’urgente attività da avviare nel più breve tempo possibile.
Di questo e di molto altro si parlerà in occasione di PMexpo, il più importante meeting nazionale sul Project Management, dal 2011 organizzato da ISIPM. L’appuntamento è per il prossimo 14 ottobre presso l’Auditorium del Massimo, in Via Massimiliano Massimo 1, a Roma.
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