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Turchia, quinto giorno di proteste contro l’arresto di Imamoglu: le più grandi dai tempi di Gezi Park

Domenica scorsa, decine di migliaia di cittadini si sono radunati in diverse città della Turchia per il quinto giorno consecutivo di proteste contro l’arresto di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e figura di spicco dell’opposizione. La situazione ha preso una piega drammatica, con le manifestazioni che si sono diffuse in ben 55 delle 81 province turche, coinvolgendo oltre due terzi della nazione. Questo movimento di massa ha riacceso i ricordi delle celebri proteste di Gezi Park del 2013, quando i cittadini si opposero all’autoritarismo del presidente Recep Tayyip Erdogan, allora primo ministro.

Arresto di Imamoglu e reazioni popolari

Imamoglu, leader del Partito popolare repubblicano (CHP), è stato arrestato mercoledì scorso con accuse di corruzione che molti considerano un pretesto politico per silenziare un oppositore scomodo. Le manifestazioni hanno visto la partecipazione di persone di tutte le età, riunite di fronte al municipio di Istanbul, dove hanno sventolato striscioni e bandiere, intonando slogan contro il governo. Gli agenti di polizia, in tenuta antisommossa, hanno cercato di contenere la folla con gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma, dando vita a scontri violenti che hanno portato all’arresto di circa 700 manifestanti dall’inizio delle proteste.

Le primarie del CHP e il sostegno popolare

La manifestazione di domenica coincideva con le primarie del CHP, che dovevano determinare il candidato per le elezioni presidenziali del 2028. Sebbene Imamoglu fosse l’unico candidato, la partecipazione è stata massiccia, con circa 15 milioni di persone che hanno esercitato il loro diritto di voto. Solo 1,6 milioni di questi erano iscritti al partito, evidenziando un forte sostegno popolare per il sindaco, che nonostante l’arresto, sembra mantenere una certa influenza tra gli elettori. Tuttavia, i numeri forniti dal partito non sono stati verificati in modo indipendente, rendendo difficile valutare l’effettivo sostegno di cui gode Imamoglu.

L’arresto e le accuse contro Imamoglu

Il contesto politico attuale è caratterizzato da un crescente autoritarismo da parte di Erdogan, il quale ha governato la Turchia per oltre due decenni, trasformando la nazione in un regime sempre più repressivo. Imamoglu, 53 anni, è sindaco di Istanbul dal 2019, avendo vinto sia nel primo turno che nella rielezione contro candidati sostenuti da Erdogan. È visto come un unificatore all’interno dell’opposizione, capace di attrarre voti da diverse fazioni, incluse quelle conservatrici e laiche, così come dalla minoranza curda.

Le accuse contro di lui comprendono:

  1. Appartenenza a un’organizzazione criminale
  2. Appropriazione indebita
  3. Frode aggravata
  4. Manipolazione di appalti pubblici

Inoltre, è stato accusato di avere legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), un’accusa che le autorità turche hanno utilizzato in passato per reprimere gli avversari politici. Questi sviluppi sollevano interrogativi sulla giustizia in Turchia, dove la magistratura è ampiamente considerata non indipendente e sotto il controllo del governo.

La questione della laurea di Imamoglu

La questione della laurea di Imamoglu ha aggiunto un ulteriore strato di complessità alla sua situazione. Il giorno prima del suo arresto, l’Università di Istanbul ha annullato il suo diploma, sostenendo che c’erano irregolarità nel processo di ottenimento. Questa decisione è stata vista come un tentativo di ostacolare ulteriormente la sua carriera politica, in quanto la Costituzione turca richiede un diploma di laurea per poter candidarsi alla presidenza. Imamoglu ha annunciato che farà ricorso contro questa decisione, considerandola un altro pretesto per impedirgli di partecipare alle elezioni.

Le tensioni tra il governo e l’opposizione non sono nuove in Turchia. Le proteste di Gezi Park nel 2013 rappresentarono un momento cruciale nella storia del paese, quando migliaia di persone scesero in piazza per opporsi a un progetto di riqualificazione del parco e, più in generale, alla crescente repressione delle libertà civili. Oggi, la situazione appare simile, ma con una differenza fondamentale: l’opposizione è più frammentata e il clima di paura e repressione è aumentato.

Le manifestazioni continuano a crescere in intensità e numero, alimentate dalla frustrazione nei confronti di un governo che sembra sempre più distante dalle esigenze e dai desideri dei cittadini. La reazione della comunità internazionale sarà cruciale nei prossimi giorni e settimane. Le organizzazioni per i diritti umani e i governi stranieri stanno monitorando attentamente la situazione, denunciando le violazioni dei diritti civili e chiedendo la liberazione di Imamoglu. Questi eventi rappresentano un test fondamentale per la democrazia in Turchia e per il futuro del paese sotto un regime che sembra disposto a mantenere il potere con ogni mezzo necessario.

In un contesto di crisi economica, inflazione e disoccupazione, le tensioni politiche sono destinate a perdurare. La capacità del governo di gestire queste problematiche sociali, insieme alla crescente pressione dell’opposizione, potrebbe determinare il futuro della Turchia e il suo percorso verso un maggiore rispetto dei diritti umani e delle libertà civili.

Redazione

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