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La realtà virtuale: una nuova speranza per la diagnosi precoce dell’Alzheimer

Negli ultimi anni, la realtà virtuale (VR) si è affermata come risorsa utile nella medicina, favorendo la formazione dei medici e la gestione del dolore. Da qualche anno, un team di esperti sta studiando come la VR possa aiutare nella diagnosi precoce dell’Alzheimer. Grazie a test immersivi, i ricercatori analizzano la memoria spaziale e i sintomi della malattia, utilizzando tecnologie avanzate per migliorare l’accuratezza diagnostica. La VR promette un futuro più accessibile per il monitoraggio dell’Alzheimer.

Negli ultimi anni, la realtà virtuale (VR) ha dimostrato di essere un’innovativa risorsa nel campo della medicina, non solo per la formazione dei medici e la gestione del dolore, ma anche per le terapie fisiche a domicilio e la riduzione dello stress. Tuttavia, il suo potenziale si estende ulteriormente: potrebbe rivelarsi cruciale per la diagnosi precoce dell’Alzheimer, una malattia neurodegenerativa che colpisce milioni di persone in tutto il mondo.

Ad oggi, la diagnosi di Alzheimer richiede test neurologici costosi, scansioni cerebrali e analisi del sangue, senza un singolo test biomarker definitivo. Un team di esperti sta indagando su come le esperienze basate sulla VR possano aiutare a valutare la memoria spaziale e a rilevare i segni dell’Alzheimer. Studi recenti evidenziano che lo sviluppo delle proteine associate all’Alzheimer influisce sulle funzioni di memoria e navigazione di una persona, in particolare sulla navigazione allocentrica e sulla memoria spaziale.

La VR come strumento per la diagnosi

Come può la VR contribuire alla diagnosi dell’Alzheimer? Tradizionalmente, i test cognitivi per rilevare segni di Alzheimer si basano sulla valutazione della memoria episodica. L’utilizzo della VR consente agli esperti di analizzare le funzioni di memoria del cervello in modo più dettagliato e immersivo. Le persone affette da Alzheimer spesso hanno difficoltà a ricordare dove hanno posizionato determinati oggetti, un sintomo che tende a peggiorare con l’avanzare della malattia, suggerendo così una possibile indicazione precoce della patologia.

Il team di ricerca ha concentrato la propria attenzione su due proteine, Aβ42/Aβ40 e pTau217, come parte del loro test VR. I partecipanti sono stati invitati a ricordare la posizione di vari oggetti in quasi due dozzine di soggiorni virtuali. Analizzando le prestazioni di memoria e i test di fluidi corporei, i ricercatori hanno scoperto un collegamento tra queste proteine e la memoria relativa alla posizione degli oggetti.

Risultati significativi

Tammy Tran, neuroscienziata che ha presentato i risultati alla conferenza annuale della Cognitive Neuroscience Society, ha affermato: “Abbiamo riscontrato una diminuzione della memoria per la posizione degli oggetti, così come una riduzione della precisione nella memoria di posizione, tra giovani adulti e anziani, e tra partecipanti senza compromissioni cognitive e quelli con lieve compromissione cognitiva”.

Il progetto non si limita a testare solo giovani e adulti sani, ma include anche chi è stato diagnosticato con l’Alzheimer, evidenziando come questi ultimi abbiano mostrato difficoltà nei compiti di memoria all’interno dell’ambiente VR. Gli esperti hanno sviluppato un equipaggiamento VR dotato di sensori di tracciamento della testa e degli occhi, simili a quelli presenti in dispositivi come l’Apple Vision Pro o i futuri occhiali olografici Meta Orion.

I risultati dei test hanno rivelato che le capacità di navigazione variano tra diverse fasce d’età. Manu Madhav, esperto di robotica e neuroscienziato coinvolto nel progetto, ha aggiunto: “Ci aspettiamo che la presenza di diversi livelli di complessità nei test amplifichi le differenze tra i partecipanti più giovani e quelli più anziani, e tra gli anziani e coloro diagnosticati con l’Alzheimer precoce”.

Un futuro promettente

Questo strumento, progettato per l’uso da parte di clinici e caregiver, mira a facilitare la diagnosi precoce della malattia, consentendo un monitoraggio a lungo termine e orientando le interventi terapeutici. La visione finale è quella di utilizzare la VR come uno strumento non invasivo e immersivo per misurare il declino della memoria legato all’età, un sintomo clinico dell’insorgenza dell’Alzheimer. La realtà virtuale si sta quindi affermando come una speranza concreta nella lotta contro questa malattia devastante, aprendo nuove strade per la diagnosi e il trattamento.

Redazione

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