Sono lontani i tempi in cui, per spiare qualcuno, si doveva ricorrere alla consulenza di investigatori privati.
La privacy è un diritto fondamentale dell’essere umano e, come tale, deve essere salvaguardata.
A favore della tutela dei dati personali si sono schierati in tanti, sia istituzioni che grandi aziende tecnologiche.
Regolamenti, leggi, strumenti di anonimizzazione, procedure, approccio. Almeno sulla carta sembra tutto a posto ma, nella pratica quotidiana, le cose cambiano significativamente ed anche lo spauracchio delle sanzioni nulla può in determinati contesti.
L’utilizzo, a volte sconsiderato, che facciamo della tecnologia ci espone al rischio crescente e sottostimato di essere tracciati, profilati, bersagliati da informazioni indesiderate e persino spiati.
In un contesto generale, forniamo quotidianamente nostre informazioni e preferenze in maniera inconsapevole. Difficile stimare quanti siano i dati raccolti ma i termini di conio recente “Big Data” o “Data Lake” esprimono sicuramente una dimensione davvero imponente.
Usiamo distrattamente PC e smartphone senza neppure domandarci che strada prenderanno i dati che inseriamo o come verranno utilizzate le preferenze che si deducono dai nostri gesti.
Controlliamo la situazione del traffico o l’affollamento di luoghi senza neppure renderci conto di essere noi la fonte di tali informazioni.
I nostri smartphone, smartwatch, sistemi di infotainment fanno da sensori e rilevatori, inviando continuamente dati di telemetria.
E quante volte ci è capitato di veder saltar fuori una pubblicità specifica e mirata solo qualche minuto dopo aver semplicemente parlato di un argomento. Ma allora i telefonini ci ascoltano?
Argomento di rilievo e parecchio complesso da affrontare in un singolo articolo ma sentite qua: il dipartimento di polizia di New York, questa settimana, ha pubblicamente ammesso di aver scovato un dispositivo di tracciamento della posizione Apple AirTag ancorato ad una vettura di pattuglia.
E’ un esempio che fa riflettere e, mentre Apple fa sapere di essere al lavoro per evitare “tracciamenti indesiderati”, il rischio incombe vista la presenza sul mercato di una miriade di sistemi di “pedinamento” digitale.
Vi sentite ancora al sicuro?
Autore: Marco Marra
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