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Emergenza acqua al Sud: un terzo dei capoluoghi raziona la distribuzione

Nel 2023, l’emergenza idrica ha colpito in modo significativo il Mezzogiorno d’Italia, con un terzo dei capoluoghi di provincia e città metropolitane che ha attuato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile. Secondo il report dell’Istat intitolato “Le statistiche sull’acqua” (2020-2024), ben 14 comuni meridionali hanno ridotto o sospeso l’erogazione idrica a causa di una combinazione di fattori climatici, infrastrutturali e gestionali. Queste misure sono state adottate principalmente in Sicilia, Calabria, Abruzzo, Puglia e Sardegna, portando centinaia di migliaia di cittadini a fronteggiare situazioni di disagio e difficoltà.

La situazione nei capoluoghi meridionali

L’analisi dei dati ha rivelato che la maggior parte delle città siciliane ha fatto ricorso al razionamento. Solo Enna, Ragusa e Siracusa sono rimaste esenti da queste misure, mentre in Calabria, Crotone è stata l’unica città a non adottare restrizioni. In Abruzzo, la città di Chieti ha subito razionamenti, così come Foggia e Bari in Puglia, e Nuoro in Sardegna. Rispetto al 2019, quando il numero dei capoluoghi che attuavano razionamenti era di nove, il dato è aumentato notevolmente, includendo anche città metropolitane come Bari e Messina.

Le misure di razionamento si sono rivelate particolarmente severe in alcune città. Ad esempio, ad Agrigento, l’acqua è stata sospesa o ridotta per 208 giorni, con turnazioni settimanali che variavano a seconda delle zone e dei serbatoi di distribuzione. A Trapani, l’erogazione è stata interrotta o limitata in giorni specifici, mentre a Messina le riduzioni sono avvenute principalmente durante le ore notturne nei mesi estivi. Per far fronte a questa crisi, alcune città hanno dovuto ricorrere a servizi sostitutivi come le autobotti per rifornire i residenti.

Cause del razionamento

Le ragioni alla base di questa emergenza idrica sono molteplici e complesse. Tra i fattori principali vi è la forte obsolescenza della rete infrastrutturale idrica, che non riesce più a garantire un approvvigionamento adeguato. Inoltre, i deficit di precipitazioni sono stati marcati, con una riduzione del 40% in Calabria e del 60% in Sicilia tra settembre e dicembre 2023, rispetto alla media climatologica del periodo 1991-2020. Le temperature superiori alla media e la diminuzione delle portate degli invasi, che hanno registrato un calo del 30% in Sicilia e Sardegna, hanno ulteriormente aggravato la situazione.

La combinazione di queste problematiche ha portato a misure emergenziali in sei capoluoghi, dove le restrizioni hanno interessato l’intero territorio comunale. Altre città hanno subito razionamenti limitati a specifiche aree, ma il risultato complessivo è stato che circa 800.000 persone, ovvero il 4,6% della popolazione residente nei capoluoghi, ha dovuto fare i conti con le difficoltà legate alla scarsa disponibilità d’acqua.

Le conseguenze sociali e sanitarie

Il razionamento dell’acqua non rappresenta solo un problema di approvvigionamento, ma ha anche gravi conseguenze sociali e sanitarie. La scarsità di acqua potabile può portare a situazioni di emergenza sanitaria, poiché l’acqua è fondamentale per l’igiene e la salute pubblica. Le famiglie sono costrette a fare affidamento su soluzioni temporanee, come l’uso di autobotti, che non sempre garantiscono la qualità del servizio.

Inoltre, il fatto che quasi un terzo delle famiglie italiane (28,7%) non si fidi di bere l’acqua del rubinetto evidenzia un problema di fiducia nella qualità dell’acqua distribuita. Le percentuali variano significativamente a livello territoriale, con il 50% di sfiducia in Sicilia e il 48% in Sardegna. La percezione della qualità dell’acqua è un tema cruciale, che riflette anche le difficoltà di gestione delle risorse idriche.

Costi e insoddisfazione

Oltre ai problemi di erogazione e qualità, anche i costi dell’acqua sono fonte di preoccupazione. Più della metà delle famiglie (53,7%) considera adeguati i costi sostenuti per l’erogazione, ma ben il 39,8% li giudica elevati. Le famiglie nelle Isole e nel Sud si mostrano maggiormente insoddisfatte rispetto ai costi, con il 55,2% delle famiglie delle Isole che esprime questa preoccupazione. Questo scenario evidenzia un divario significativo tra diverse aree del Paese, con le regioni meridionali che affrontano sfide uniche legate alla gestione delle risorse idriche.

La situazione attuale richiede una gestione più attenta delle risorse. Il report Istat mette in evidenza anche la crescente consapevolezza della popolazione riguardo alla necessità di prestare attenzione al consumo di acqua. Nel 2024, quasi il 70% delle persone ha dichiarato di evitare sprechi. Tuttavia, le differenze regionali rimangono significative, con il 62,8% in Calabria e il 75,0% in Sardegna.

Queste statistiche riflettono un cambiamento culturale nelle abitudini di consumo, ma è chiaro che sono necessarie misure più incisive per affrontare le sfide legate all’emergenza idrica. La ristrutturazione delle infrastrutture, l’implementazione di sistemi di raccolta e gestione delle acque piovane, e l’educazione della popolazione sono passi fondamentali per garantire un futuro in cui l’acqua potabile possa essere un diritto accessibile per tutti. L’attenzione e la responsabilità nella gestione delle risorse idriche sono più che mai necessarie per affrontare una crisi che, se non adeguatamente gestita, potrebbe avere ripercussioni gravi e durature su intere comunità.

Redazione

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