Gianni Alemanno descrive le condizioni delle celle nel carcere di Rebibbia
L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, condannato a un anno e dieci mesi per traffico di influenze, scrive i suoi “diari dal carcere” su Facebook. Riflessioni sulle condizioni di vita difficili, la vita comunitaria e il continuo lavoro artigianale dei detenuti per migliorare le loro esistenze. Conclude sulla necessità di un maggiore supporto da parte delle istituzioni.
Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, ha recentemente condiviso le sue esperienze durante la detenzione nel carcere di Rebibbia attraverso una serie di post su Facebook. Condannato a un anno e dieci mesi di reclusione per traffico di influenze nell’inchiesta Mondo di Mezzo, Alemanno ha voluto offrire uno sguardo interno alla vita carceraria, evidenziando le difficoltà quotidiane e le dinamiche interpersonali che caratterizzano l’esperienza dietro le sbarre.
Nei suoi diari, Alemanno descrive la vita all’interno della struttura penitenziaria come un’esperienza comunitaria intensa, ricca di forti emozioni. Ogni giorno, i detenuti condividono risorse e compiti, creando un microcosmo di relazioni in cui le regole sono autogestite. È interessante notare come la gerarchia all’interno delle celle non si basi su titoli di studio o origini sociali, ma piuttosto sull’anzianità di permanenza. Questa autorità informale è fondamentale per mantenere l’ordine e la pulizia nei locali, dove ognuno è responsabile del proprio contributo.
Le condizioni di vita nel carcere di Rebibbia sono descritte da Alemanno come fatiscenti. Le celle, ciascuna dotata di sei brande a castello, presentano un ambiente che non sempre garantisce il minimo comfort. La presenza di un servizio igienico all’interno della stessa stanza in cui si cucina e l’assenza di acqua calda sono solo alcuni dei problemi segnalati. Inoltre, la difficoltà di affrontare le alte temperature estive senza alcun sistema di condizionamento aggrava ulteriormente la situazione. Alemanno sottolinea come tali condizioni potrebbero giustificare il 10% di sconto di pena previsto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per condizioni di detenzione inumane, un tema che intende approfondire in futuro.
Alemanno definisce il braccio in cui si trova come il “più vivibile” di tutti i carceri romani. Qui, la cortesia e il rispetto reciproco ricoprono un ruolo centrale. Ogni detenuto si saluta ogni volta che si incontra, creando un’atmosfera di cordialità che contrasta con le aspettative comuni sulla vita carceraria. Tuttavia, l’ex sindaco mette in guardia sulla fragilità di questa armonia, sottolineando come il mancato rispetto delle norme sociali possa portare a reazioni collettive pesanti.
La testimonianza di Gianni Alemanno offre un punto di vista unico sulla realtà del carcere di Rebibbia, invitando a riflettere su temi di giustizia, dignità e umanità. La sua analisi mette in luce non solo le sfide affrontate dai detenuti, ma anche quelle del personale carcerario, che meriterebbe maggior supporto e attenzione da parte delle istituzioni.
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