Il sindaco di Riace Mimmo Lucano | Photo by Carlo Troiano licensed under CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/deed.en) - Alanews.it
Domenico “Mimmo” Lucano, sindaco di Riace, si trova al centro di una controversia legale che potrebbe influenzare la sua posizione a seguito di una condanna per reati legati alla gestione di un progetto di accoglienza. L’avvocato Andrea Daqua sostiene che sia errato parlare della sua decadenza, poiché mancherebbero i presupposti normativi richiesti dalla legge Severino per giustificare tale provvedimento.
La questione della decadenza di Mimmo Lucano è tornata alla ribalta dopo la richiesta della Prefettura di Reggio Calabria di avviare una procedura nei confronti del sindaco, a seguito della sua condanna definitiva a 18 mesi con pena sospesa per il caso noto come “Xenia”. Questa condanna, emessa dalla Corte di Cassazione, ha sollevato interrogativi sulla legittimità della sua permanenza in carica, ma il suo legale ha chiarito che le basi per una tale azione sono discutibili.
Il 13 marzo 2025, la Prefettura ha ufficialmente chiesto al Consiglio comunale di Riace di prendere atto della situazione di Lucano, sottolineando la presunta esistenza di una causa di incandidabilità. Tuttavia, il Consiglio ha deciso di rinviare la questione, in attesa di ricevere la documentazione necessaria dal Ministero dell’Interno. Questo documento dovrebbe chiarire l’applicazione della legge Severino, che regola la decadenza degli amministratori pubblici in caso di condanne penali.
L’avvocato Daqua ha descritto l’iniziativa della Prefettura come “abnorme”, evidenziando che la legge italiana prevede requisiti specifici che devono essere soddisfatti affinché possa scattare la decadenza. In particolare, si fa riferimento all’articolo 10 lettera ‘d’ del decreto legislativo 235 del 2012, il quale sancisce che un sindaco può decadere solo se condannato con sentenza definitiva a una pena superiore ai sei mesi per reati commessi con abuso di potere o violazione dei doveri inerenti alle funzioni pubbliche.
Daqua ha chiarito che, nel caso di Lucano, la condanna a 18 mesi non soddisfa entrambi i requisiti richiesti dalla norma. Infatti, ha sottolineato che la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, così come quella della Cassazione, non menzionano alcun abuso di potere né violazione dei doveri da parte del sindaco. Al contrario, i giudici hanno escluso categoricamente la presenza di tali condotte, riducendo significativamente l’entità della pena e dichiarando la non applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
Questa posizione legale è supportata da un parere del Ministero dell’Interno risalente a marzo 2020, il quale afferma che l’accertamento della condotta rilevante per l’applicazione della legge Severino deve essere effettuato esclusivamente dal giudice penale. Né la Prefettura né il Consiglio comunale possono entrare nel merito di tale valutazione, il che complica ulteriormente la posizione della Prefettura di Reggio Calabria.
La questione non riguarda solo la persona di Lucano, ma tocca temi più ampi legati alla gestione della giustizia in Italia e alla protezione dei diritti degli amministratori pubblici. La legge Severino, introdotta nel 2012, è stata oggetto di dibattito e critiche, poiché alcuni sostengono che possa essere applicata in modo arbitrario, danneggiando figure politiche impegnate in attività controverse o in progetti sociali.
Mimmo Lucano è noto per il suo approccio innovativo e umanitario all’accoglienza dei migranti, che ha trasformato Riace in un modello di integrazione. Le sue politiche hanno attirato l’attenzione internazionale, ma anche critiche e controversie, contribuendo a un dibattito più ampio sulla gestione dell’immigrazione in Italia. La sua figura è diventata simbolo di una lotta per i diritti umani e l’inclusione sociale.
Daqua ha affermato che le sentenze che riguardano Lucano dimostrano chiaramente che non ci sono le condizioni per una decadenza. La mancanza di un riferimento a comportamenti illeciti legati all’abuso di potere nella sentenza finale è cruciale. “Il giudice penale ha escluso la condotta necessaria per applicare la Severino”, ha ribadito il legale.
Resta da vedere come il Consiglio comunale di Riace gestirà la questione e quali saranno i prossimi passi della Prefettura. La decisione di rinviare la questione potrebbe dare tempo a Lucano e ai suoi legali di preparare una difesa solida contro una possibile decadenza. La situazione è fluida e potrebbe evolvere in modi imprevedibili, influenzando non solo la carriera di Lucano, ma anche il futuro della gestione dei diritti dei migranti in Italia.
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