Bari, 5 aprile – Le indagini su Don Nicola D’Onghia, indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso, proseguono. Gli avvocati difensori denunciano una violazione della presunzione di innocenza, richiedendo una correzione delle notizie che lo etichettano come “pirata della strada”
Le indagini sul tragico incidente avvenuto la sera del 2 aprile 2025, che ha portato alla morte di Fabiana Chiarappa, una giovane soccorritrice del 118 e appassionata rugbista, continuano a sollevare interrogativi e polemiche. Don Nicola D’Onghia, parroco di Turi e docente presso la facoltà teologica pugliese, è attualmente indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso, ma i suoi avvocati sostengono con fermezza che non si può definirlo un “pirata della strada”.
La dinamica dell’incidente
L’incidente si è verificato sulla strada che collega Turi e Putignano. Secondo le prime ricostruzioni, Fabiana Chiarappa stava percorrendo la via in sella alla sua moto di grossa cilindrata quando, per cause ancora da accertare, ha perso il controllo del veicolo. La moto è finita contro un muretto a secco e, successivamente, il corpo della giovane sarebbe stato travolto da un’altra autovettura. La sequenza degli eventi è ancora oggetto di indagine e la polizia stradale sta esaminando le prove per chiarire la dinamica esatta dell’incidente.
La presunzione di innocenza
Gli avvocati di don Nicola D’Onghia, Federico Straziota e Vita Mansueto, hanno rilasciato una dichiarazione pubblica in cui sottolineano l’importanza della presunzione di innocenza. “Definire Don Nicola D’Onghia ‘pirata della strada’ rappresenta una plateale violazione del principio costituzionale della presunzione di innocenza”, hanno affermato i legali, esprimendo preoccupazione per la diffusione di notizie che accostano il loro assistito a tale figura. La loro richiesta è chiara: rettificare le notizie e chiarire che la dinamica del sinistro e le relative responsabilità sono ancora da definire.
Un gesto di responsabilità
Il giorno dopo l’incidente, don Nicola si è presentato spontaneamente alle autorità, una mossa che i suoi legali interpretano come segno di responsabilità. “Egli ha avvertito un colpo sotto la propria autovettura, ma non ha visto né percepito la presenza di un motociclo o di una persona sulla strada”, hanno spiegato. Questa affermazione è fondamentale per comprendere la posizione del prete, che sostiene di non aver avuto consapevolezza di aver colpito la giovane, né di aver causato l’incidente.