Il Tribunale di Trieste ha respinto la richiesta di Martina Oppelli, una triestina affetta da sclerosi multipla da oltre 20 anni, di accedere alla morte assistita. Medici specializzati hanno valutato che non necessiti di trattamenti di sostegno vitale.
Il recente rifiuto del Tribunale di Trieste di concedere il suicidio assistito a Martina Oppelli, una donna affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ha riacceso il dibattito su temi delicati come l’eutanasia e i diritti dei malati in Italia. La decisione, presa il 28 marzo 2025, è stata il risultato di un’attenta valutazione da parte di medici specializzati, i quali hanno stabilito che la paziente non dipende da trattamenti di sostegno vitale. Questo caso solleva interrogativi significativi su come la legislazione italiana affronti la questione del diritto alla morte assistita.
La storia di Martina Oppelli
Martina, 53 anni, vive con la SLA da oltre venti anni, una condizione che ha progressivamente limitato la sua capacità fisica, costringendola a una vita di sofferenza. La sua richiesta di accesso al suicidio assistito si basa sul diritto di scegliere come e quando porre fine alla sua vita, un diritto che è stato parzialmente riconosciuto da una sentenza della Corte Costituzionale nel 2019. Tuttavia, il tribunale ha stabilito che, nonostante la gravità della malattia, Martina non soddisfa i criteri necessari per accedere a questa forma di assistenza.
La decisione del tribunale
La valutazione medica ha ritenuto che Martina non sia in una condizione di dipendenza da trattamenti vitali. Questo aspetto è cruciale, poiché la legge italiana stabilisce che solo le persone in condizioni di sofferenza insopportabile e che necessitano di trattamenti di sostegno vitale possono accedere al suicidio assistito. La posizione dei medici e del tribunale è stata quindi chiara: non essendo Martina in uno stato di vita mantenuto artificialmente, non ha diritto a questa forma di assistenza.
Il dibattito sull’eutanasia in Italia
L’Associazione Luca Coscioni, che segue da vicino il caso, ha espresso delusione per la sentenza, evidenziando l’impatto che potrebbe avere sulla vita di molte persone in condizioni simili. La legislazione attuale in materia di eutanasia e suicidio assistito in Italia è considerata molto restrittiva e richiede una riforma urgente per garantire i diritti e la dignità dei pazienti terminali.
Negli ultimi anni, il tema del diritto alla morte assistita ha guadagnato attenzione sia a livello politico che sociale, con diverse proposte di legge in discussione. Tuttavia, il dibattito rimane controverso e suscita forti emozioni, con posizioni che oscillano tra il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione e il rispetto per la vita.